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Home›Stress›I bruxisti non sono tutti uguali: ecco perché alcuni non guariscono

I bruxisti non sono tutti uguali: ecco perché alcuni non guariscono

Di Redazione
13 Marzo 2023
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Stress: non lasciare che logori i denti

Uno degli articoli più interessanti e utili che ho letto ultimamente è a firma di Daniele Manfredini e Charles Greene, massimi esperti mondiali sul tema del bruxismo, il primo italianissimo, il secondo americano.

Questo articolo è fondamentale perché risponde a una delle domande più scomode che ci pongono i pazienti: perchè non sto migliorando? Perchè continuo ad avere dolore?

Quando il paziente non sta bene ha bisogno di spiegazioni precise che spesso faticano ad arrivare chiare e comprensibili. 

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Di fatto la risposta si può riassumere in due “semplici” frasi: 

  1. I pazienti non sono tutti uguali e non rispondono in modo uguale alle terapie
  2. Non tutti i pazienti (purtroppo) ricevono lo stesso trattamento

Ho tradotto e, spero, semplificato il testo originale, che ho diviso in due parti: in questo articolo parleremo del punto 1.

Disordini Temporo-Mandibolari, Bruxismo e Cronicizzazione

I Disordini Temporo-Mandibolari (DTM) sono molto diffusi: circa il 10-15% della popolazione ne soffre tanto da richiedere un consulto medico. Di questi circa il 75-80% migliora con trattamenti semplici, non invasivi e volti soprattutto a migliorare la gestione di bruxismo, comportamenti errati, ansia e stress.

Il restante 20-25% purtroppo non migliora con la stessa facilità e questo accade, per molte ragioni che analizzeremo a breve.

Più si allunga la durata del dolore e meno probabilmente si arriva a guarigione completa: questo processo viene chiamato “cronicizzazione”. 

Quando i pazienti diventano “cronici”, la gestione del caso diventa molto più complessa e non sempre soddisfacente.

Questo andamento è già stato studiato per altre forme di dolore come il mal di schiena, il mal di testa o la fibromialgia.

Le cause sono da ricercarsi:

  1. in fattori intrinseci al paziente, chiamati “vulnerabilità individuale”, che analizzeremo a breve (i pazienti non sono tutti uguali);
  2. in fattori iatrogeni, ossia legati ad approcci terapeutici sbagliati da parte del proprio medico curante, che peggiorano la situazione invece che migliorarla, come vedremo nella parte II (non tutti i pazienti ricevono lo stesso trattamento).

Vulnerabilità individuale 

Aspetti Anatomici

Non tutti gli esseri umani sono suscettibili nello stesso modo ad una specifica patologia: alcuni hanno un fisico più resistente sotto certi aspetti, altri magari sotto altri. Questa tendenza collettiva viene chiamata “vulnerabilità”: c’è chi è più predisposto a soffrire di allergie e chi di diabete, chi di pressione alta o chi di insonnia, chi ad infortunarsi e chi ad avere mal di schiena o mal di testa.

Nel campo dei problemi muscolo scheletrici (e nello specifico dei DTM) dobbiamo ricercare questa vulnerabilità in 4 sedi differenti:

  • Muscoli masticatori: chi presenta già altre altre problematiche in altri distretti (mal di schiena, dolori al collo, fibromialgia etc.) è più facile che presenti affaticamento o dolore ai muscoli masticatori, scatenato dal bruxismo o durante la masticazione.
  • Articolazioni Temporo-Mandibolari (ATM): le nostre ATM sono quasi sempre al lavoro, mentre parliamo, deglutiamo, mangiamo. Il bruxismo però è un comportamento che aumenta esponenzialmente il carico di lavoro ed è uno dei principali fattori per lo sviluppo del dolore articolare e, alla lunga, di fenomeni artrosici. Anche in questo caso, chi soffre di dolori articolari o di artrosi in altri distretti (es: artrosi lombare, cervicale o altre forme di artriti autoimmunitarie) è più predisposto a sviluppare anche problemi anche alle ATM. 
  • Disco articolare: all’interno delle ATM c’è un disco articolare di cartilagine che si frappone tra le ossa del condilo mandibolare e della fossa dell’osso temporale, un po’ come il menisco del ginocchio. Questo disco spesso finisce fuori posto (circa nel 30% degli adulti, soprattutto nelle donne), solitamente in avanti, dando luogo a rumori di “click” o “stock” più o meno intensi durante il movimento mandibolare. Se nella maggior parte dei casi questo non crea alcun problema o limitazione, esso può diventare molto invalidante in alcune persone fino a determinare veri e propri blocchi mandibolari. La lassità dei legamenti (che è un aspetto strutturale geneticamente determinato, tipico del sesso femminile) sembrerebbe favorire questo fenomeno di “allentamento” articolare. Anche un condilo mandibolare piccolo, tipico di alcune morfologie facciali, può predisporre a problemi articolari.
  • Sistema Nervoso: il sistema nervoso gioca un ruolo cruciale nel passaggio da dolore acuto a dolore cronico, chiamata “cronicizzazione”. Se il dolore è un fenomeno adattativo fondamentale, necessario a richiamare la nostra attenzione su un problema che si sta verificando nel nostro corpo e spingerci a prendercene cura per evitare danni ulteriori, la cronicizzazione del dolore rappresenta una sorta di “corto circuito” difficile da spegnere. Infatti il dolore cronico persiste anche se è cessata la causa iniziale che lo ha provocato e da un dolore di origine muscolare o articolare si passa così ad un dolore di tipo “neuropatico”, purtroppo molto frequente nel territorio del nervo trigemino (il principale nervo di tutta la faccia).

Aspetti Psicosociali

Gli aspetti psicosociali sono diventati fondamentali nella comprensione, nella diagnosi e nel trattamento dei DTM (come per qualunque altra condizione di dolore e disabilità): non sono aspetti secondari “superflui” ma, al contrario, di primaria importanza.

Valutare la presenza di ansia o depressione, il livello di stress nella vita del paziente, o come il DTM impatta negativamente nella sua vita personale o professionale creando forme più o meno accentuate di disabilità (difficoltà a mangiare, problemi di concentrazione sul lavoro, difficoltà a svolgere mansioni quotidiane etc.) è fondamentale: più questi aspetti sono compromessi e più difficile sarà la gestione del caso.

Date le attuali evidenze scientifiche e le indicazioni delle linee guida internazionali, il medico-odontoiatra specialista che si occupa di DTM deve integrare la tradizionale valutazione anatomica (muscoli, articolazioni, dentatura etc.) con la valutazione psico-sociale, demandando poi l’eventuale trattamento psicologico a chi di dovere. 

L’odontoiatra generico deve invece averne almeno una conoscenza superficiale, per essere pronto ad identificare il paziente che, pur in fase iniziale, presenta caratteristiche che lo rendono ad alto rischio di cronicizzazione ed inviarlo tempestivamente all’osservazione specialistica.

Approfondiamo brevemente questi tre aspetti peculiari:

Strategie di “coping” poco efficaci

Ognuno di noi, quando insorge un problema di salute, mette in atto delle strategie per affrontarlo: c’è chi cerca di ignorarlo, chi si legge tutto su internet, chi si dispera. Questi comportamenti vengono chiamati “strategie di coping” e forniscono informazioni preziose per il medico in quanto oggi sappiamo che i pazienti che tendono a catastrofizzare i sintomi, i pazienti pessimisti a tendenza depressiva e quelli ansiosi, ipervigilanti, particolarmente sensibili allo stress, tendono a cronicizzare con più facilità.

Infine anche un paziente che tende a minimizzare il proprio problema e mette in atto in autonomia terapie (sbagliate) senza richiedere l’aiuto specialistico, può finire per peggiorare il quadro. Ad esempio chi, per evitare un click articolare, limita eccessivamente il movimento mandibolare: il comportamento potrà sembrargli prudente ma potrebbe peggiorare la rigidità muscolare e favorire danni articolari.

Sindrome di Munchausen

Alcuni pazienti scelgono deliberatamente di peggiorare il proprio quadro clinico o addirittura inventano o esasperano sintomi in realtà lievi o inesistenti, comportamento che rappresenta chiaramente un disturbo psicologico. L’obiettivo è quello di assumere il “ruolo del malato”, che sarà dunque al centro dell’attenzione di famigliari amici, commiserato e giustificato. In questi casi, poiché il paziente vuole essere curato a tutti i costi e non si accontenta mai o comunque non migliora mai a sufficienza, il rischio di un trattamento troppo invasivo ed ingiustificato (overtreatment) è seriamente alto, con probabili danni iatrogeni.

Una variante è che la sindrome colpisca uno stretto familiare del paziente. Il caso tipico è quello del genitore che drammatizza un “banale” click asintomatico, nega l’eventuale presenza di stress o problemi emotivi che accentuano il bruxismo (causando il problema articolare) e sarebbe disposto a sottoporre il figlio a qualunque tipo di esame strumentale o trattamento (non necessario!).

Rifiuto di teorie non-meccanicistiche

Nonostante oggi tutta la comunità scientifica sia concorde su una gestione dei DTM, di tipo conservativo e soprattutto cognitivo-comportamentale (volto a ridurre i bruxismo e le cattive abitudini) e che, come dicevamo inizialmente, l’80% dei casi si risolve in modo semplice, quasi autonomamente, non è sempre facile spiegare tutto ciò ai pazienti. 

Schiacciati da una vita troppo stressante e frenetica, paralizzati dall’ansia, infelici, sovraccarichi di responsabilità e problemi, è difficile far accettare ai pazienti che se vogliono stare meglio devono farsi carico di tutto ciò.

Diminuire l’ipervigilanza e migliorare la gestione dello stress sono aspetti cruciali per ridurre le tensioni muscolari ed il bruxismo, che sono la causa dei loro problemi.

Purtroppo molti pazienti sono refrattari a questo tipo di spiegazione, perché presupporrebbe il mettere in discussione una fetta troppo ampia della propria vita o il chiedere un aiuto psicologico (che spesso viene ancora visto come un tabù). 

Invece di farsi carico della propria vita e della propria salute preferiscono che il dottore “risolva il problema”, con qualunque mezzo a disposizione. 

Aspetti Genetici

Gli aspetti genetici sono una delle variabili che influisce sull’insorgenza e sull’andamento di qualunque patologia, compresi i DTM e il Dolore Oro-Facciale.

Le ragioni sono diverse:

  • la genetica determina molti aspetti dello sviluppo anatomico del nostro corpo e, nello specifico, della nostra bocca;
  • la genetica gioca un ruolo primario sullo sviluppo del sistema nervoso centrale, che è implicato sia negli aspetti psicologici che nei meccanismi di percezione del dolore;
  • il bruxismo ha anche una componente ereditaria;
  • alterazioni di alcuni geni possono modificare il metabolismo della serotonina (l’ormone del piacere e del rilassamento) o delle catecolamine (adrenalina e noradrenalina, ormoni dello stress), possono alterare la conducibilità nervosa, possono aumentare la nostra risposta infiammatoria e molto altro ancora.

Molto si sta ancora studiando sulla genetica e il focus dovrebbe essere sui marcatori e sui fattori di rischio per identificare gli individui associati ad una più alta probabilità di sviluppare DTM e ad una più alta probabilità di cronicizzazione.

Conclusione

Questi sono gli aspetti, analizzati da Manfredini e Greene, di vulnerabilità individuale che i pazienti possono presentare: queste caratteristiche, se presenti, renderanno il proprio quadro clinico di DTM e dolore più difficile da gestire, a prescindere da come poi il singolo medico gestirà la terapia di ciascuno.

Alcuni pazienti, meno vulnerabili, tenderanno a guarire spontaneamente, altri invece, più vulnerabili, cronicizzeranno nonostante le migliori e più aggiornate cure.

E’ chiaro però che se il medico sottostima il quadro generale del paziente, non riconoscendo le fragilità del paziente/persona che ha davanti a sé, una fetta di responsabilità nella cronicizzazione di quel paziente ricade su di lui, nonostante le migliori intenzioni.

Invece la situazione è professionalmente ed eticamente molto più grave quando un medico si erge ad “esperto” e, contrariamente a qualunque linea guida o evidenza scientifica, propone ancora oggi come negli anni ‘80 trattamenti irreversibili volti a modificare l’occlusione per una presunta “malocclusione”, che con l’origine dei DTM non c’entra nulla. 

Questo sarà l’argomento della seconda parte nel nostro articolo sul perché alcuni pazienti guariscono e altri no: non tutti ricevono lo stesso tipo di trattamento!

Tratto da:

Transitioning to chronic temporomandibular disorder pain: A combination of patient vulnerabilities and iatrogenesis. Greene CS, Manfredini D. J Oral Rehabil. 2021 May 9


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