Acufeni e bruxismo: il parere dell’esperto

Nella storia della Medicina il trattamento degli acufeni è sempre stato piuttosto deludente, per non dire frustrante. Nel IV secolo a.C. lo stesso Ippocrate provò a trovare una cura, molti secoli dopo anche Celso e Galeno ma tutti con risultati fallimentari.
Il problema è che non è ancora chiaro il meccanismo, o meglio, i meccanismi che originano gli acufeni e, non potendoli verificare con nessun esame specialistico, si rimane nell’ambito delle teorie. L’acufene infatti è un rumore fantasma che non corrisponde ad una reale sorgente sonora esterna.
Di fatto si può considerare un sintomo più che una malattia e come molti sintomi può avere diverse cause.
In molti casi l’acufene ha inizio dopo un’infezione oppure dopo un trauma uditivo, dove avviene un vero e proprio danno al timpano o alle cellule ciliate dell’orecchio, da cui originano le sensazioni uditive. Gli scienziati suppongono che dopo tale danneggiamento, determinati toni vengano trasmessi molto fievolmente al cervello, o che potrebbe non esservi più nessuna trasmissione. Il centro dell’udito nel cervello cerca di compensare le frequenze mancanti “aumentandone il volume”, creando così l’acufene.
Altre volte invece lo stimolo che “irrita” il nervo acustico ha origine in una sede adiacente all’orecchio ma non nell’orecchio stesso: è questo il caso di acufeni legati ai Disordini Temporo-Mandibolari (DTM).
Già Costen, nel 1934, aveva notato una forte associazione tra disturbi all’orecchio (dolore, ovattamento, ronzii) a problematiche mandibolari, che oggi sappiamo essere tipicamente causate dal bruxismo, notturno o diurno.
Quando ipotizzare un coinvolgimento mandibolare nell’acufene?
Si può pensare ad una correlazione tra DTM, bruxismo e acufeni quando il ronzio si modifica aprendo la bocca o sbadigliando o se, insieme all’acufene, sono presenti altri sintomi come:
- il dolore all’articolazione temporo-mandibolare (spesso scambiata per mal d’orecchio, in quando la sede del dolore è pressoché sovrapponibile),
- il senso di tensione al viso,
- il mal di testa a tempie e fronte,
- i rumori alle articolazioni mandibolari muovendo la mandibola.
Spesso è lo stesso otorinolaringoiatra che, avendo visitato il paziente ed escluso e/o trattato le problematiche di sua competenza, identifica un problema di bruxismo o di problematiche mandibolari, invia il paziente ad uno gnatologo per cercare nuove strade terapeutiche.
Cosa può aspettarsi il paziente?
E’ impossibile ed imprudente fare promesse ai pazienti con acufene: quanto più è “vecchio” l’acufene e stabile (ossia non ha fluttuazioni a seconda del momento della giornata, della posizione o dello stress), tanto più è improbabile avere successo. Per questa ragione è importante farsi visitare subito se l’acufene persiste per più di 24 ore.
Quello che si può fare in caso di sovrapposizione tra acufene e DTM è trattare la problematica Temporo-Mandibolare al meglio possibile e sperare che l‘acufene abbia un miglioramento, ovviamente spiegando tutto molto chiaramente al paziente per non creare false illusioni.
Per prima cosa è fondamentale migliorare la consapevolezza del bruxismo del paziente, sia notturno che diurno, e facendo tutto il possibile per diminuirlo: tecniche di rilassamento, terapia cognitivo-comportamentale o anche farmaci miorilassanti. Più il paziente serra i denti e più si ha compressione dell’articolazione.
Poi è opportuno realizzare un bite, che rilassi la muscolatura e limiti la compressione delle ATM, che provoca un aumento della pressione capillare locale.
Stress e acufene
Purtroppo l‘acufene può essere molto mal tollerato dai pazienti, che diventano tesi, irritabili, si ossessionano con mille trattamenti spesso fallimentari. L’acufene può essere estremamente invalidante, tanto che alcuni pazienti cadono addirittura in depressione, trovandosi a dover stravolgere la propria vita (si fatica a dormire e a concentrarsi o anche semplicemente ad uscire a cena con gli amici).
Purtroppo tanto più pensiamo e “ascoltiamo ” l’acufene e tanto più questo si prenderà spazio nel nostro cervello. A causa della neuroplasticità, che è la formidabile capacità del cervello di riorganizzarsi e di riadattarsi, più pensiamo all’acufene e più intensamente il nostro cervello lo percepirà. Quindi il consiglio, spesso mal digerito dai pazienti perché estremamente difficile da seguire, è quello di cercare di ignorare l’acufene, di non lasciargli spazio nei nostri pensieri, di non combatterlo ma di farselo “scivolare addosso”, facendo appello a tutte le nostre capacità di rilassamento e accettazione.
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